Il pubblico che ha affollato la platea di Firenze Rocks 2023 ha trovato qualcosa di unico e bellissimo al banchetto del merch: un poster della manifestazione che era una vera e propria opera d’arte, con richiami alla pittura rinascimentale fiorentina reinterpretati attraverso un design moderno e una cura speciale per la stampa e l’oggetto poster in sé. Si trattava di uno stupendo gig poster firmato da Bribbry, alias Sabrina Gabrielli, una delle artiste italiane più quotate del settore. All’estero non sarebbe cosa strana, da noi invece, ancora oggi, un po’ lo è. Perché in Italia alle locandine dei concerti non si è decisamente mai dedicata l’attenzione che meritano (e purtroppo non è un caso che sui suoi canali social ufficiali, il Firenze Rocks abbia totalmente ignorato il gig poster in questione). Ma, forse, qualcosa sta finalmente cambiando, e questo ci fa enorme piacere. E con questo articolo, insieme a Bribbry, proviamo ad addentrarci in questo mondo che sta finalmente conquistando un pubblico sempre più attento e affezionato.
Ma, prima, un piccolo excursus storico. Se pensiamo all’aspetto della musica più legato all’immagine e al design, ci vengono in mente innanzitutto le copertine dei dischi: alcune sono iconiche, riconoscibilissime, entrando di diritto nell’immaginario musicale.
Ci sono altri ambiti in cui musica e design vanno a braccetto: ad esempio le fanzine (di cui abbiamo scritto qui), merchandising vario (abbiamo un articolo anche su questo), ma anche flyer e locandine dei concerti (gig poster in inglese), un ambito che negli ultimi anni si è sempre più affermato.
Questi poster, se fatti bene (non quelli raffazzonati che ancora oggi accompagnano tanti artisti in tour in Italia) sono un bellissimo oggetto di design, in cui arte ed estetica sono messe al servizio di artisti e band, diventando un veicolo di comunicazione, un oggetto d’arte e, infine, anche un ricordo indelebile di una serata per il pubblico.
«Questi manifesti sono molto più che documenti storici e strumenti pubblicitari, sono arte (così come arte è la musica) e, sovente, arte di altissimo livello»
Bill Graham (citato in “The art of rock: Posters from Presley to Punk” di Paul D. Grushkin)
All’estero la cura per questi oggetti arriva da molto lontano nel tempo. Non vogliamo fare una noiosa e prolissa disamina storiografica, ovviamente, se volete approfondire vi lasciamo una piccola biografia a fine articolo.

È però importante citare la nascita del fenomeno, nell’ottocento, in cui i manifesti di eventi comprendevano opere teatrali, musica lirica, corse di cavalli ed eventi sportivi di vario tipo, spettacoli circensi: pensate solamente alle locandine della Belle Epoque e alle litografie di Henri de Toulouse Lautrec che hanno fatto storia.
Da lì in poi i poster hanno conquistato altri media (il cinema, ad esempio) e altri ambiti (la pubblicità, la propaganda politica) fino ad esplodere per quanto riguarda la musica, in parte negli anni ‘50 (quelli del rock’n’roll, in quel formato chiamato boxing style) e soprattutto nei ‘60 (quelli della british invasion, della psichedelia e dei grandi festival) con le locandine caratterizzate dal lettering esagerato, a volte quasi illeggibile e un’esplosione di colori. La cultura punk ha poi portato la sua estetica DIY, il cut & paste, la stampa offset. Gli anni ‘90 sono stati definiti la seconda epoca d’oro, un periodo in cui il recupero del passato va di pari passo con l’innovazione grafica, con l’allargamento dei confini (fisici e virtuali) e con la consapevolezza degli autori di potersi creare un mercato, una professionalità e uno stile imprenditoriale che prima esistevano solo in minima parte.
«Le locandine progettate dalla nuova ondata di artisti americani attingevano dalla cultura trash dei quattro decenni precedenti, riassemblando gli elementi in qualcosa di nuovo, esaltante e relativamente postmoderno: la rivista “Mad”, i fumetti horror, il tiki e il kitsch polinesiano, il rockabilly e l’iconografia del bowling, il design di auto personalizzate e hot-rod, il Giorno dei Morti messicano e l’immaginario del wrestling lucha libre, i film di serie B, le pin-up, i cartoni animati di Hanna-Barbera, la pornografia vintage, i fumetti della Marvel, i tatuaggi di Sailor Jerry, l’arte della locandina psichedelica, lo steampunk e la narrativa speculativa, tutto questo in un terrificante, sbalorditivo guazzabuglio.»
Mick Farren e Dennis Loren (Classic rock posters – 60 anni di manifesti, locandine e arte grafica: 1952-2012)
Arriviamo agli anni zero, quel periodo che Francesco Pattacini, nel suo articolo “I manifesti che hanno cambiato la storia della musica” definisce come un nuovo rinascimento. Gli artisti e i designer sono tanti, ognuno con il proprio stile, capaci di creare vere e proprie opere d’arte in cui il design si fonde con la musica. Tanti nomi, tanti stili, tanta bellezza.
L’arte è al servizio dell’oggetto, ne valorizza il contenuto e ne amplifica la visibilità. E a volte se ne stacca totalmente: non è raro che gli appassionati di un certo artista di gig poster ne comprino le serigrafie pur non essendo stati all’evento.
E così si completa la trasformazione del poster, da semplice veicolo di promozione delle serate a oggetti artistici e di culto. Questo mercato ha avuto uno sviluppo quanto mai rapido e i poster sono diventati oggetti ricercati, grazie anche alle loro tirature limitate, alla sempre migliore fattura della stampa e grazie ad un circuito di artisti ognuno col proprio stile.

A proposito di artisti, ne vogliamo citare qualcuno?
Ad esempio:
- il collettivo di San Francisco Family Dog, importantissimo per i poster psichedelici degli anni ’60 (qualche nome: Grateful Dead, Jimi Hendrix, Doors, Quicksilver Messenger Service), formato da quelli che sono stati definiti i “big five”: Wes Wilson, Alton Kelley e Stanley Mouse, Rick Griffin e Victor Moscoso a cui è doveroso aggiungere anche Bonnie MacLean;
- il collettivo londinese Hapshash and the Coloured Coat ovvero il duo Michael English e Nigel Waymouth autori di poster per l’UFO Club, Pink Floyd, Soft Machine e tanti altri.
- Jamie Reid, ovvero la parte visiva del progetto Sex Pistols, autore dei celebri cut & paste divenuti iconici. Non solo gig poster, ma un progetto ampio, che parte dalle copertine dei dischi per abbracciare tutta la parte visuale della band. Un segno distintivo che andrà ad influenzare pesantemente un’intera scena;
- Franz Kozik, recentemente scomparso, figura importantissima per la scena alternative e stoner americana (Melvins, Qotsa, Nirvana, Flipper, Pearl Jam, White Stripes, Pixies e tantissimi altri) e, tra le altre cose, fondatore della mitica etichetta discografica Man’s Ruin.
- Chris Shaw (con i suoi lavori per la società di promozione Bill Graham Presents) e Lindsey Kuhn, sono due esempi di artisti che negli anni ‘90 hanno riattualizzato il concetto di psichedelia, mischiandola con altri stili in un modo sempre nuovo.
- Malleus, collettivo italiano nato nel 2002, capace di miscelare art nouveau e elementi surrealisti, espressionisti e psichedelici.
Se volete approfondire vi lasciamo una piccola biografia a fine articolo, agli artisti della poster art degli anni più recenti (dal 2000 in poi) dedicheremo un articolo tutto per loro.
Ma veniamo al dunque!
Su questo mondo abbiamo deciso di intervistare Sabrina Gabrielli (in arte Bri, ma anche Bribbry, tranquilli che a fine articolo troverete tutti i suoi link), illustratrice, fumettista e designer romana e, a parere nostro, una delle migliori creatrici di gig poster che abbiamo qui in Italia. Non è l’unica, ma le sue illustrazioni ci hanno conquistato già dalla prima volta che le abbiamo viste. Non è nemmeno un caso che più membri della redazione di Extended Play abbiano una sua locandina appesa orgogliosamente in casa.
Intervista
EP: Come e quando hai iniziato a creare i gig poster?
Bri: I miei primissimi poster sono nati per promuovere la mia vecchia band (i Formanta! 2008 – 2012). Tra il 2011 e il 2013 ho collaborato con Unplugged in Monti, una manifestazione che organizzava concerti intimi (50 posti) al Blackmarket di Roma.
Ho disegnato una locandina diversa per ogni artista ospitato: un poster al mese per più di due anni. È stato impegnativo, ma mi ha aiutato a comporre il mio primo portfolio.
Nel 2013 ho accumulato abbastanza coraggio (e poster) per propormi come poster artist ai management delle band che venivano a suonare in Italia.
EP: Che tecniche usi?
Bri: Principalmente disegno a mano, quindi scansiono, coloro digitalmente e stampo in serigrafia. La serigrafia (silkscreen printing) è una tecnica di stampa artigianale: si usano dei telai come grandi stencil per imprimere su carta un colore alla volta. Più colori ci sono nella grafica, più saranno i passaggi e le imprecazioni per gli errori e i fuori registro.
Le tirature sono limitate, ogni poster viene numerato con numero identificativo e numero di tiratura. Mediamente stampo tra le 70 e le 100 copie per gig poster.
EP: È molto interessante questo tuo reel in cui mostri l’incisione e il processo di stampa per il poster del tour italiano del 2022 dei King Hanna. Il risultato finale è questo ed è splendido:

EP: Per la stampa hai iniziato in autonomia (“I started printing in my kitchen!”, scrivi sul sito). Adesso invece ti rivolgi a stampatori fidati o fai ancora tutto DIY?
Bri: Faccio ancora tutto in casa!
Considero la serigrafia come parte integrante del progetto di un gig poster. Non è raro, in fase di stampa, che io cambi idea, o voglia provare una carta differente, o modifichi colori. Posso farlo senza troppi problemi perché siamo io e mio marito a stampare!
L’unica differenza, rispetto a qualche anno fa, è la stanza. Adesso non stampo più in cucina (meno male perché era un delirio) ma ho un piccolo lab attrezzato.
EP: Come nascono i tuoi gig poster? L’idea è tua e poi senti la band oppure ti viene commissionata da loro? Come funzionano le dinamiche commerciali in quest’ambiente?
Bri: Raramente mi vengono date indicazioni precise. Solitamente propongo alla band due o tre soggetti, quello selezionato viene finalizzato e serigrafato.
Per le prime collaborazioni, o se sono io a propormi, concordo un 50/50 sulle vendite dei poster.
Altrimenti, come in un classico lavoro da freelancer, invio preventivo per la sola illustrazione o per la grafica + serigrafia. Se viene accettato, festeggio e mi metto al lavoro!
EP: Trovi grosse differenze nel rapporto con gli artisti/band tra l’Italia e l’estero (dove mi sembra oramai un cosa normale ricorrere ad artisti e designer per locandine dei concerti di un certo tipo)?
Bri: Il mercato USA è davvero molto attivo, è comune per le band di punta avere nel merchandise ufficiale un poster disegnato da un artista differente per ogni live.
Per me è più semplice trovare contatti e ricevere risposte da band estere che vengono a suonare in Italia piuttosto che da band italiane… ahimè, ancora un gig poster in serigrafia per una band italiana non sono riuscita a farlo!
EP: In generale quanto è reattivo il mercato? Com’è l’accoglienza del pubblico verso un prodotto che unisce musica e design?
Bri: Gli Stati Uniti hanno un mercato super attivo, ma anche in Europa ci sono tanti collezionisti!
In Germania soprattutto c’è un mercato molto vivace: è uno dei Paesi europei dove vendo di più.
In Italia faccio un po’ più difficoltà, ma sto vedendo sempre più interesse nel pubblico rispetto a una decina di anni fa.
EP: Dalla bio del sito leggiamo che, dal 2016, fai parte dell’API (American Poster Institute, un’associazione non profit che mira a promuovere la consapevolezza e l’apprezzamento del pubblico della forma d’arte del poster, sostenendo la comunità di artisti e favorendone l’interazione, oltre che organizzare direttamente mostre a tema in tutto il mondo): ce ne parli un po’? Come lavorano nel loro intento di promozione? Sono davvero di grande aiuto per gli artisti?
Bri: L’API è un’associazione non profit di poster artists nata negli Stati Uniti una ventina di anni fa. Ogni anno organizza i Flatstock: mostre mercato dove gli artisti possono esporre e vendere i loro gig posters.
Il Flatstock più importante è ad Austin in occasione del SXSW. In Europa gli incontri ufficiali sono a Barcellona all’interno del Primavera Sound e ad Amburgo durante il Reeperbahn festival. Sono sicuramente un’importante vetrina, ma anche meravigliose occasioni di incontro tra gli artisti.
La comunità Europea di poster artists è davvero bella! Quest’anno sono tornata al Flatstock di Barcellona per riabbracciare tutti (mancavo dal 2019). Sono stati quattro giorni pienissimi, come sempre quando espongo al Primavera Sound! A differenza degli anni precedenti, mi è sembrato un festival più vivibile. Meno calca, meno fila agli stand di cibo e bevande.
Lato negativo: gli stand del Flatstock erano in una posizione poco felice (poco dopo l’ingresso, di lato, lontani dai palchi principali e dagli altri stand) e abbiamo avuto meno visitatori rispetto gli standard delle edizioni passate.
EP: Hai avuto tempo di goderti dei concerti al Primavera 2023? C’è stato qualcuno che ti è piaciuto particolarmente?
Bri: Quest’anno ho disegnato e stampato i gigposter ufficiali per il live dei The Beths, Le Tigre e degli Sparks. Ovviamente sono andata a vedere i loro concerti!
Inoltre ho trovato meravigliosa la performance di St. Vincent. I Ghost sono il gruppo che vorrei conoscere meglio, non mi fa impazzire la loro musica, ma ho apprezzato l’eccentricità dell’esibizione e del look. 😂
EP: Quali artisti di poster ti piacciono particolarmente e ci consigli di seguire?
Bri: Ce ne sono così tanti! E citare uno piuttosto che un’altro pare un’offesa…
Tra i poster artist italiani: Jj Farfante ArtLab (Jessica Rassi), Clockwork Pictures (Fabio Meschini) e, ovviamente, i celeberrimi Malleus!
Tra gli stranieri, adoro i lavori di Michael Hacker, i colori e le composizioni di Zum Heimathafen (non so nemmeno bene come si pronunci), i disegni sovrapposti di Joris Diks.
E dovrei citare tutta la mia “poster family”… ma non finirei più di scrivere 🙂
EP: Essere un artista di gig poster può diventare un lavoro a tempo pieno?
Bri: Ah ah ah ah ah ah. Prossima domanda?
Ok, torno seria.
Collaborando con gallerie, esponendo regolarmente e nei mercati più attivi (Stati Uniti/Canada/Germania), certamente ce la si può fare. Io non riesco a vivere di sola poster art, anche perché mi promuovo pochissimo e male.
(Momento autocommiserazione con musica malinconica in sottofondo)
EP: Hai scritto e disegnato “Colori invisibili”, una graphic novel uscita l’anno scorso per Tunuè: che esperienza è stata e come ha trovato spazio la musica lì dentro? (ammetto di non averlo ancora letto)?
Bri: Scrivere e disegnare “Colori Invisibili” è stata un’esperienza intensa.
Nel 2020 mi sono improvvisamente trovata senza commissioni e con tutti i lavori annullati. Nell’estate mi sono gettata a capofitto sulla proposta e poi sulla lavorazione di un fumetto che parla di una ragazza che non vede più i colori. È stata una lunga maratona durata un anno e mezzo. C’è dentro gran parte di me: una band (i Pastel Grannies), un ragazzo che stampa gig poster nella cameretta, concerti live e cover dei Flaming Lips.
Per la promozione del libro, ho serigrafato e regalato una serie limitata di 500 artprint con il ritratto della protagonista (Leila).
Alessio Iommi (compositore nostro amico) e mio marito Francesco Sciarrone hanno composto 2 canzoni sotto lo pseudonimo dei Pastel Gratis. Le trovate su Spotify o YouTube, questo è il link al video di Io vorrei essere pop (come Luca Carboni), il primo “singolo”.
Rifarei tutta questa fatica?
Sì, la sto già rifacendo (^_* occhiolino ammiccante).
(Adesso però fila subito in camera a leggere Colori Invisibili!)
EP: A proposito di fumetti, stai lavorando ad una webcomic intitolata Chuchua (la raccolta delle strisce pubblicate è qui). Com’è nata l’idea?
Bri: Da sempre nutro sentimenti contrastanti verso i pupazzi kawaii super carini e morbidosi… tipo i Diddl dei primi anni 90. Questa forte attrazione/repulsione mi è servita per creare i Chuchua, creature estremamente coccolose dai grandi occhi blu che si nutrono di sangue umano.
Ho iniziato a disegnare le vignette per gioco, la mia prima idea era di fare esercizio con una narrazione semplice e veloce. Da febbraio continuo a disegnarne, più o meno settimanalmente. Non so ancora per quanto tempo andrò avanti, in genere non sono una fan delle serie infinite, ma mi sto divertendo e, finché mi diverto, continuo.
Prima o poi lo tradurrò in inglese (mi piace l’idea di ampliare il pubblico!).
EP: Ma parliamo anche di musica: cosa si ascolta a casa Bribbry?
Bri: Il monopolio musicale assoluto lo ha mio figlio (Leonardo, 10 anni) che ha da poco scoperto i Depeche Mode…
In questi giorni Francesco (mio marito) sta ascoltando “Everything Harmony” dei Lemon Twigs.
Io in genere ascolto in loop quello su cui sto lavorando. Questo mese è stato un misto di Le Tigre, The Beths e Sparks!
EP: Secondo te, cosa rende davvero speciale un gig poster?
Bri: Come hai detto prima, l’unione della musica all’interpretazione grafica dell’artista. Due mondi che si sovrappongono.
EP: Qual è il concerto (o un festival) a cui sei stata da giovane e ti è rimasto nel cuore, che per te è stato importante e che avrebbe meritato un tuo poster?
Bri: Ho già avverato un paio di sogni nel cassetto: ho fatto il poster per i Flaming Lips, per Amanda Palmer, ne ho appena stampato uno per gli Sparks! Artisti amatissimi in concerto per cui mai avrei immaginato di fare una locandina ufficiale.
Il prossimo sogno nel cassetto: gig poster per St. Vincent!
Se questo mondo vi ha incuriosito e volete approfondire il discorso, sia dal punto di vista storico sia da quello grafico, vi consigliamo queste letture, sono sia libri sia articoli sul web:
- “Classic rock posters – 60 anni di manifesti, locandine e arte grafica: 1952-2012” di Mick Fadden e Dannis Loren (Giunti, 2012)
- “SQUEEGEE!! the european gig poster movement” (The Red Can Company, 2016)
- “The art of rock: Posters from Presley to Punk” di Paul D. Grushkin (Abbeville, 1987)
- “Rock poster 1940-2010. Il manifesto diventa arte” di Martina Esposito (Vololibero, 2021)
- “What Happens to the Gig Posters When the Music Dies Down? A new online archive catalogues the artistic posters made for music gigs in India” di Sabah Virani (Paper Planes)
- “Design and Music: Evolution of Music Posters” (Savage Thrills)
- “La bellezza dei poster del rock” (ilPost)
- “I manifesti che hanno cambiato la storia della musica” di Francesco Pattacini (L’Indiependente)
Due libri che trattano in modo più allargato il connubio musica & design:
- “Mille soluzioni grafiche per la comunicazione musicale” a cura di Studio Stolte Design (Logos, 2008)
- “Rock & arte. Copertine, poster, film, fotografie, moda, oggetti” di Ezio Guaitamacchi, Leonardo Follieri e Giulio Crotti (Hoepli, 2018)
Sabrina Gabrielli sul web:
https://www.instagram.com/bribbry/
https://www.behance.net/bribbri