Analisi di un aspetto poco considerato quando si descrivono le voci, ma fondamentale nel processo che ci porta ad apprezzare un o una cantante.

La prosodia è un concetto che ha origini antiche. I grammatici dell’antica Grecia lo usavano per “designare, indipendentemente dall’articolazione essenziale di un suono, ogni particolarità accessoria che appare nella realizzazione di esso nella parola, e cioè intonazione, aspirazione, quantità, ecc.” (vocabolario Treccani). 

Oggi la prosodia è un campo di studi che fa parte della linguistica e studia caratteristiche come ritmo, accentazione e intonazione del linguaggio parlato.

In musica invece la prosodia non ha il medesimo rilievo in ambito accademico. Non è così ben decodificata e sostanzialmente viene descritta con definizioni ereditate dalla prosodia in linguistica. 

La prosodia intesa come dimensione della voce, nel parlato, ma anche nel cantato, è l’abilità di mettere insieme ritmicamente le parole in un discorso o in una canzone. In quest’ultima dimensione, la prosodia è un fattore determinante nella coesione tra parole e musica. 

I cantanti ricorrono a questa abilità sfruttando, spesso in maniera del tutto istintiva, quelli che possiamo definire accorgimenti prosodici. A poco a poco cercheremo di spiegarvi quali sono tali accorgimenti, soprattutto nel mondo pop e rock, perché hanno un’importanza fondamentale nella riuscita dei brani.

Prosodia e metrica

Lo sviluppo della linea vocale, e conseguentemente anche della prosodia, è parte integrante del processo di songwriting. A prescindere da quale sia l’iter compositivo che gli artisti seguono (se compongono prima la musica e poi il testo, o viceversa), il momento in cui si arrivano a definire gli accorgimenti prosodici, per natura degli stessi, si attua quando si iniziano a cantare le parole sulla metrica definita per il brano. Possiamo definire la metrica come la disposizione ritmica delle note (sillabe nel canto) e delle pause, determinata dal numero di battute per ogni misura e dal valore delle note all’interno di queste battute. Nel pop e nel rock, ma anche nel rap, si gioca molto sulla ricerca di parole che si legano per accenti e rime, per favorire la musicalità del brano.

Nella prima fase di composizione della linea di canto è probabile che la prosodia sia del tutto istintiva, guidata dall’esigenza di riempire lo spazio metrico, con eventuali affinamenti che avvengono eventualmente nelle fasi successive.

Il rispetto della metrica del brano è quindi il primo e più importante elemento che un cantante deve considerare.

Questo video del comico e musicista inglese Jay Foreman ci mostra, con un sorriso, cosa significa non occupare bene lo spazio metrico nel canto e quanto possa essere problematico anche lo spostamento di una sola sillaba:

Questo è il motivo per cui può capitare che i cantanti dal vivo sbaglino il testo, ma raramente commettono errori sulla metrica della canzone. Il suono di eventuali sillabe che chiudono la rima, il numero di battiti per verso e il numero di versi per ogni strofa rimangono sempre costanti.

Notare ad esempio con quale scioltezza Mariah Carey qui si dimentichi una strofa ma ne sappia poi uscire alla grande.

Il peso della prosodia nell’economia di un brano

L’efficacia delle tecniche prosodiche, oltre ovviamente alle qualità complessive della voce, determinano qualitativamente il modo in cui le strofe e le parole occupano lo spazio metrico, e risultano spesso essere la cifra con cui si distinguono i grandi cantanti da quelli normali.

Gli aspetti prosodici sono pertanto fondamentali per caratterizzare il messaggio musicale e il modo in cui questo viene recepito da chi ascolta. La loro funzione è per forza di cose legata alle parole del testo, ma ha efficacia anche indipendentemente da queste. Una ricerca ha infatti dimostrato che accorgimenti ascrivibili alla prosodia, come ad esempio la velocità di enunciazione e l’intonazione, sono in grado di trasmettere emozioni e significato anche slegati da un contenuto linguistico.

Diventa allora evidente quante armi in più può avere un cantante che, nella scrittura e nella performance, riesca a sfruttare in modo ottimale – in piena consapevolezza o per puro istinto – gli aspetti prosodici. Al pari di note e ritmo, anche leggeri aggiustamenti nella prosodia possono fare una grande differenza nel modo in cui un brano arriva agli ascoltatori.

Aspetti analizzabili della prosodia

Victoria Malawey, ricercatrice e docente di musica al Macalester College negli Stati Uniti, nel suo libro “A blaze of light in every word” (Oxford University Press, 2020), propone un ambizioso modello sistematico di analisi della voce, nel quale la prosodia occupa una delle tre dimensioni principali (le altre due sono pitch e qualità), come si può vedere nello schema seguente:

Modello concettuale per capire la voce (da “A blaze of light in every word” p. 6)

Fraseggio

Il fraseggio è uno degli elementi che più impattano l’espressività del cantato, nonché l’elemento “padre” tra i cinque di cui sopra. Con questo termine si indica il metodo con cui il cantante interpreta e “modella” le parole del testo sulla musica, ad esempio marcando degli accenti o variando il tono, la dinamica di volume, l’inflessione e altre caratteristiche. 

L’arte del fraseggio è spesso istintiva ed è una delle caratteristiche per cui un grande artista si distingue da uno con meno qualità ed ispirazione. Questo può valere per un conduttore, un cantante o uno strumentista.

Michael Kennedy e Joyce Bourne, The Concise Oxford Dictionary of Music (1996)

Gli aspetti più importanti che caratterizzano il fraseggio sono:

  • la lunghezza complessiva delle frasi
  • la connettività inter-frase (ovvero il grado di connettività tra le frasi: quanto sono connesse l’ultima parola di una frase e la prima parola della frase successiva, o quanto lunghe o brevi sono le pause tra le successive frasi);
  • la connettività intra-frase (ovvero il grado di connettività delle parole all’interno di ciascuna frase)” (Malawey, p. 71).

Il grado di connettività inter o intra-frase può essere determinato, ad esempio, dalla durata delle sillabe.

Un esempio per capire meglio: Cry Me A RIver

Per facilitare la comprensione di quali possano essere le differenze di costruzione del fraseggio in una stessa canzone, la Malawey propone l’analisi di Cry Me A River nelle versioni di Justin Timberlake (autore del pezzo originale) e dei The Clicks. Scrive la ricercatrice: “i pre-ritornelli nella versione di Timberlake sono caratterizzati da cori aventi uno stile segmentato: espressioni brevi e discontinue con pause tra ogni frase, mentre le sezioni pre-ritornello della cover dei Cliks, cantate dal frontman Lucas Silveira, presentano una connettività intra-frase più fluida, che si traduce in tempi più lunghi, frasi più legate e pause più brevi e meno frequenti all’interno di due misure.” 

La Malawey suggerisce inoltre come le differenze nel fraseggio tra queste versioni possano trasmettere significati emozionali diversi (pur utilizzando le stesse parole). La versione di Timberlake, usando sottofrasi cantante da altre voci oltre la sua, facilita il botta e risposta implicando commiserazione e una sofferenza condivisa del dolore emotivo a seguito di una rottura. La versione dei Clicks invece, avendo una connettività intra e inter-frase più fluida con un’unica voce solista, suggerirebbe la dimensione di un dolore emotivo vissuto individualmente e privo di commiserazione. 

È un buon esempio che dimostra come i soli aspetti prosodici e di arrangiamento possano cambiare, più o meno profondamente, il significato di un pezzo. 

Posizionamento metrico

Altro elemento fondamentale di caratterizzazione del cantato è il posizionamento metrico, ovvero il tempo della linea di canto rispetto al ritmo del brano. Ad esempio un brano può essere cantato con le sillabe “forti” (o accentate) che cadono sul battere (è il posizionamento metrico più usato), oppure con accento sul levare. In quest’ultimo caso parliamo di sincope

In altri termini, la sincope si verifica quando una nota a tempo debole (sillaba non accentata), anziché essere seguita da una a tempo forte come solitamente accade, è invece seguita da una pausa o da una continuazione.

Per i non musicisti questo breve video dovrebbe chiarire la questione:

Un abile utilizzo della sincope (nella voce ma anche attraverso qualsiasi strumento) permette di rendere meno scontato e più dinamico un brano, creando un senso di aspettativa maggiore (elemento tra i più importanti tra quelli che spiegano perché gli esseri umani amano la musica). Sul piano della sezione ritmica (basso e batteria), la sincope è un elemento fondamentale per creare groove. Per citare Levitin (“Fatti di musica” pag. 51) “La sincopatura ci coglie di sorpresa e aggiunge eccitazione”. 

Motilità

Con motilità, la Malawey intende la capacità dei cantanti di essere agili e capaci di snocciolare con facilità e fluidità le parole del testo rispetto alla metrica del brano. Può manifestarsi in molti modi, ad esempio con accelerazioni e decelerazioni del cantato, tramite controllo timbrico e cambio di registro, oppure attraverso l’utilizzo di abbellimenti. 

Linkiamo un brano di un’ artista apprezzata in redazione e sicuramente capace di grande motilità prosodica:

Abbellimenti

Gli abbellimenti sono tutti quegli accorgimenti presi dal cantante per “decorare” la linea vocale. I più comuni sono i melismi, il bending delle note e gli abbellimenti timbrici. 

I melismi sono molto frequenti in generi come l’R&B e il gospel, dove costituiscono praticamente una cifra stilistica, e generalmente risultano più utilizzati da cantanti donne. Di solito il melisma viene eseguito su un’unica sillaba, modulando il suono su note di altezze diverse. Quando usati con gusto, possono valorizzare il brano, specie nei generi sopracitati. Cantanti famose nell’uso dei melismi sono sicuramente Aretha Franklin, Whitney Houston e Mariah Carey.

Generi e cantanti citati dovrebbero avervi già fatto capire cosa sia un melisma, ma nel caso aveste dubbi, in questo famosissimo brano Whitney Houston ne fa largo uso e il pezzo inizia proprio con un melisma.  

Questo invece è un video che mostra una buona carrellata di cantanti pop melismatiche e non, messe a confronto.

Il bending delle note invece è utilizzato trasversalmente nei vari generi musicali (molto nel jazz), e consiste nel cantare le sillabe (specie quelle iniziali e finali delle parole) non prendendo le note nette, ma arrivandoci o sfumando da esse con qualche semitono sotto o sopra. È ben spiegato in questo video .

La Malawey scrive che gli abbellimenti timbrici “ si verificano quando un cantante pronuncia una singola sillaba o parola con significativa grossolanità all’inizio della sua fonazione e subito dopo ripristina il tono strutturale nel suo timbro normativo”. 

Chop Suey dei System of a Down ne offre ripetute dimostrazioni (“when angels deserve to DIIIIIIEEE, in questo caso la sillaba “grossolana” è alla fine).

Articolazione delle consonanti

L’articolazione delle consonanti si riferisce ai meccanismi di produzione delle consonanti nelle parole cantate, le quali possono essere prodotte in diverso modo e sfruttando diversi organi, muscoli e parti della bocca (labbra, lingua, palato, guance, mascella, laringe). 

Le consonanti possono essere ad esempio molto marcate per creare effetti ritmici e percussivi (si pensi al rap, dove le linee vocali costituiscono spesso un vero e proprio pattern ritmico); sostenute e quasi “vocalizzate” per riempire lo spazio metrico (accorgimento molto usato nel metal: “till the sandman he comeSZA” ); enfatizzate quando invece magari nella pronuncia normale quasi non si sentirebbero (come la “h” sonora e quasi sibilante di “human” in questo brano di Björk ). 

Infine, rientrano nella prosodia anche tutti gli usi della tecnologia applicata alla voce: vocoder, megafoni, auto-tune. Ma anche scelte di microfoni ed effetti applicati alla voce nelle fasi di produzione successive alla registrazione. Sono tutti elementi che determinano le caratteristiche del messaggio musicale e il modo in cui le nostre canzoni preferite arrivano alle nostre orecchie e al nostro cuore (concedetemi un “mielisma” – e una licenza poetica – dopo tutto ‘sto pappiè pseudo tecnico/scientifico). 

Conclusioni

La Malawey conclude il capitolo sulla prosodia augurandosi che le idee esposte possano aiutare a fornire un metodo e un linguaggio per descrivere le caratteristiche della prosodia in musica che – sostiene l’autrice – in precedenza sono state sempre difficili da trattare.

L’autore di questo articolo invece, molto più modestamente, spera che questo possa servire al lettore a porre un’attenzione nuova all’ascolto dei propri cantanti o le proprie cantanti preferiti/e 🙂


Chiudiamo con una carrellata di canzoni che si distinguono per qualità generale e prosodia:

TALKING HEADS – Once in a Lifetime
David Byrne è uno dei maestri assoluti in riferimento alla prosodia in musica. Per questo pezzo lui stesso racconta che inizialmente la metrica è stata riempita con il vocalese improvvisato: sillabe senza senso. L’ispirazione per lo stile vocale definitivo e quindi la prosodia da usare, è arrivata da predicatori religiosi ed esorcisti registrati via radio. Byrne ha voluto impersonare uno di questi personaggi e il risultato è quello che sentite: una prosodia che in effetti ricorda le prediche, per uno dei brani più riusciti dei Talking Heads.
JOHNNY CASH – Ring of Fire
«La melodia del ritornello si alza mentre lui canta la parola “down” per tre volte. Canta: “I went down, down, down, and the flames went higher“. Mentre a prima vista il testo sembra contraddire letteralmente la melodia, in realtà Johnny mette in luce la contraddizione intrinseca tra innamorarsi e l’amore come esperienza che solleva. Questa idea è rappresentata brillantemente dall’immagine evocata dal testo e specificatamente da come essa funziona in contrasto con la melodia, illustrando così la contraddizione musicalmente. Non c’è dubbio che questa sia stata una decisione consapevole da parte di un grande cantautore.» (Dal libro “Zen & the Art of MIXING”)
L’operazione di comporre la musica in stretta relazione al significato delle parole (in questo caso ricercando un voluto contrasto) è conosciuta come “word painting”.
FAITH NO MORE – Caffeine
Mike Patton non ha bisogno di presentazioni. Questo pezzo è stato il primo in assoluto ad aver fatto scaturire l’interesse dell’autore di questo articolo alla prosodia in musica. Ascoltate come Patton spalma quel “Forget the glamour and mumble a jackhammer“, seconda frase della prima strofa, su riff e beat. Poesia. Ma è tutto il brano (come tanti altri dei Faith No More) a mettere in luce le abilità vocali (e prosodiche) di Mike Patton. Il registro espressivo è così ampio e vario che potremmo scriverci un articolo a parte.
ARCTIC MONKEYS – Teddy Picker
Alex Turner è senza dubbio uno dei cantanti più abili nella prosodia degli ultimi 20 anni. Il Guardian nel 2008 scriveva: “… tra coloro che scrivono testi oggi, Turner è tra i più poetici. Il suo uso di rime interne è degno di ammirazione e invidia”. In questo pezzo Turner sceglie una pronuncia molto precisa e a volte esagerata di alcune consonanti, ma la scelta è evidentemente voluta perché si sposa bene al ritmo incalzante della sezione ritmica e della chitarra. In generale, la voce di Turner, la sua capacità di modulazione espressiva e la sua abilità prosodica, sono senza dubbio un elemento fondamentale e caratteristico del sound degli Arctic Monkeys.
The BEATLES – I Want To Hold Your Hand
All’inizio di questa canzone c’è una sincopatura che ti coglie di sorpresa. La frase “I Want to Hold Your Hand” viene cantata per tre volte, con la tensione che progressivamente aumenta, sottolineando così l’intensità del gesto che dà il titolo al brano. Un climax così intenso e che arriva così presto nella canzone è molto insolito ma proprio per questo attira gli ascoltatori, sottolineando l’intensità del gesto narrato. John Lennon in un’intervista disse che questo inizio, così fuori dagli schemi, è stato l’ispirazione per l’intera canzone. Senza questo non ci sarebbe stata “I Want to Hold Your Hand”. (Informazioni prese dal sito Music of Prophecy).
TORI AMOS – Cornflake Girls
Scrive Róisín Murphy descrivendo questo brano: “Avevo 13 anni quando l’ho sentita per la prima volta  – ed è la ragione per cui ho iniziato a scrivere canzoni al pianoforte. L’ho sentita a casa. Era inverno, freddo e buio, ero appena scesa dal pullman e un amico mi aveva regalato l’album “Under the Pink” su cassetta. Entrata in casa l’ho messo sullo stereo in sala da pranzo. Mi ha aperto un mondo intero di scrittura musicale. La prosodia è la parola giusta: la musica, la melodia, le armonie, i testi, i sentimenti, tutto si fonde. È una canzone incredibile. Ha così tanti mood diversi – alcuni sono davvero belli e alla fine le sue parole arrivano. Non ho idea di cosa parli la canzone, ma è piuttosto divertente. Usa le parole in modo così poetico! Potrebbe cantare l’elenco del telefono e suonerebbe comunque benissimo.”
MICHAEL JACKSON – Billie Jean
Brano ricchissimo di sincopature e proprio per questo ha groove da vendere. 
All’inizio della canzone il basso e la batteria suonano sempre sulla stessa linea di tempo, senza soprese. I due strumenti suonano lo stesso ritmo. Ma quando entrano le tastiere improvvisamente tutto si colora e veniamo sorpresi. Il ritmo si scontra con quello del basso e della batteria, ma tutto si fonde alla perfezione, con il brano che acquista slancio e movimento, o meglio, groove. 
Dal punto di vista vocale gli esempi sono diversi, in quanto Michael Jackson spesso ricorre all’uso della sincope nelle strofe. Un passaggio sincopato interessante si trova nel ritornello ( “Billie Jean is not my lover / She’s just a girl who claims that I am the one”): Jackson inizia a cantare la parola “lover” in anticipo rispetto al beat della batteria per poi modularne la durata e riprendere più avanti il ritmo del brano: è un’iniezione immediata di groove che si intensifica ulteriormente con gli innesti calibrati del riff funk di chitarra sulla sezione ritmica.