Minimum Fax, 2020 – 160 pp, 15 euro
L’autore: un breve identikit

Rossano Antonio Lo Mele (nato a Foggia nel 1972, ma cresciuto a Torino) è un nome noto tra gli appassionati di riviste musicali in Italia. Direttore editoriale di Rumore, docente di Linguaggi della Musica Contemporanea presso l’Università del Sacro Cuore di Milano. Insieme al fratello Cristiano è fondatore dei Perturbazione, gruppo pop-rock in cui suona la batteria. Ma, prima di tutto, è un recensore e, ancora più a monte, un genuino appassionato di musica. E la passione è uno degli elementi cardine di questo saggio, pubblicato lo scorso anno da Minimum Fax. Meriterebbe un articolo a parte un approfondimento su questa casa editrice indipendente, tra le più attente in Italia a dare spazio a letture intelligenti e interessanti a tema musicale. Amici ed Amiche della Minimum Fax se siete favorevoli ad una chiacchierata con noi siamo più che disponibili.
Storytelling e Curriculum
Sul concetto di critico musicale occorre fermarsi un minuto perché Lo Mele dà l’idea di usare con parsimonia questo termine, preferendo quello meno freddo e marziale di recensore musicale. Pur avendo pubblicato attivamente dal 1995 con Rumore, oltre che aver collaborato con Specchio ed il Sole 24 ore, è attento a non tradire quello che considera un privilegio e una missione personale. L’interesse per lo storytelling, una componente del libro, con buona probabilità è figlia delle frequentazioni della Scuola Holden. In questa è stato studente della prima ora, in seguito vi ha insegnato scrittura giornalistica ed ha arricchito il proprio curriculum con le collaborazioni in TV (Le Invasioni Barbariche) ed alla radio. Questo robusto percorso multidisciplinare è una delle chiavi di lettura del prodotto editoriale in vetrina dal 13 febbraio 2020.
Innanzitutto chi o cosa è uno scrittore musicale?
“Chi scrive di musica si arroga il diritto di spiegare agli altri cosa stanno sentendo. Non è una faccenda da poco!”
La definizione di questa figura culturale è uno dei leitmotiv che ricorre in tutto il testo. Gli esempi, dai mostri sacri all’ultimo dei neofiti, sono tanti ed ancora oggi non esiste una definizione che possa considerarsi univoca. O meglio sappiamo a grandi linee di cosa si occupi il critico-scrittore musicale. Ma il problema riguarda la definizione del suo rapporto con il messaggio da veicolare ed il rapporto col pubblico. Oppure il modo in cui analizza un fenomeno sonoro per restituire al pubblico una valutazione dello stesso. C’è differenza tra descrivere una propria esperienza di ascolto e raccontare, ad una platea estesa, la propria idea o argomentazione su qualcosa in ambito musicale. Il riconoscimento collettivo del ruolo separa la mera opinione personale dall’analisi musicale giornalistica, volta ad informare e aiutare a creare una propria idea.
Quando il recensore diventa protagonista della scena. Tre esempi.
Se, ad esempio, Gabriele Mureddu dicesse che il nuovo disco della band del momento è un bel disco oppure spazzatura non avrà mai la stessa portata di un Simon Reynolds. Questo perché Simon Reynolds non è considerato uno scrittore musicale come tanti ma uno dei più importanti critici musicali. Se non il migliore secondo la modesta opinione dello scrivente. Basterebbe fare una ricerca su internet e il cumulo di interviste ed approfondimenti dovrebbe chiarire l’idea della portata del suo pensiero. Un esempio? Ha coniato il termine post rock in un articolo su The Wire del 1994. Un altro giornalista musicale di portata epocale come Lester Bangs fu il primo a parlare di punk-rock ed i suoi scritti sono un modello di riferimento, per quanto difficilissimo da replicare con la stessa qualità. In ogni caso la lettura resta un must per chi volesse conoscerlo.
E da più parti un critico musicale come Anthony Fantano (The Needle Drop) viene considerato così influente da orientare le preferenze e le considerazioni globali su un disco musicale. Le interviste sul New York Times e su Forbes certificano la sua capacità di dettare la linea, fungendo da vero e proprio ago della bilancia.
“Ricordatevi che siete un tramite, che sta comunicando col mondo esterno: il vostro compito è sopra ogni altra cosa quello di fornire a chi vi legge chiavi di interpretazione e di accesso a ciò di cui state parlando“
L’autore è guidato dalla passione e dal desiderio di accompagnare il lettore, consigliandolo come se si trattasse di un collega o amico con cui condividere pareri sull’attività di scrittore musicale. Lo stile di scrittura adottato contribuisce a questo scopo. Uno stile asciutto e discorsivo, con una progressione che permette di non perdere il filo della discussione e arrivare al punto.
“Scrivere di Musica” è una “guida pratica e intima”, che analizza i molteplici aspetti che compongono la professione, commentati in diversi paragrafi ad hoc. Per questioni di spazio (e per non rovinare la sorpresa al potenziale lettore) si porranno in evidenza ulteriori aspetti interessanti e meritevoli.
Lo stato di salute del giornalismo musicale in Italia
A titolo di cronaca è presente anche un’amara riflessione, dai contorni di lucida critica, riguardante le reali possibilità di svolgimento della professione. La professione del giornalista musicale troppo spesso ha i contorni del passatempo. Scarse garanzie per il futuro e sembra estremamente difficile crearsi una solida base economica. Riflessioni confermate anche da altri esponenti del settore, che rappresentano la triste realtà del comparto in generale e, a maggior ragione, in questo segmento di nicchia. Le ragioni sono molteplici. L’editoria musicale, cartacea o digitale, attraversa da anni una fortissima crisi. Le riviste chiudono oppure lottano per sopravvivere, sono sempre di meno e sono spariti i contenitori musicali nelle televisioni generaliste. I canali musicali hanno perso rilevanza e si assiste impietosamente alla carenza di giornalisti e critici nel ruolo di curatori o storytellers sull’argomento. Ma di questo tema ce ne occuperemo in un’altra occasione.
Il recensore ed il suo metodo
Nel libro, ovviamente, si parla in maniera scientifica e dettagliata di recensioni, della scelta dei voti e del metodo di valutazione. Ma anche della creazione di uno stile, della preparazione di un reportage musicale e altri argomenti che fungono da corollario della scrittura musicale. Viene citato, come cartina tornasole, il decalogo di Ashley Kahn e del suo “Il rumore dell’anima”. E ancora: un’analisi storica dalla nascita della critica rock, passando per gli anni novanta fino ad arrivare a oggi; aspetti tecnici della scrittura come il pitch, l’editing, il long reading, la stroncatura. Colpiscono la ricchezza degli aspetti trattati e gli spunti presenti, argomentati con cognizione di causa.
In tutto questo si palesa il senso di rispetto per la professione, soprattutto verso alcuni colleghi che vengono richiamati per le particolarità dello stile o il loro “peso specifico” nel microcosmo della critica musicale. Possiamo soffermarci su alcuni spunti e consigli pratici di particolare rilevanza e utilità. L’importanza strategica di pianificare un incontro per un’intervista, studiando e arrivando preparati all’appuntamento per evitare domande banali che stancano sia il lettore che l’artista intervistato. Inoltre è necessario capire i limiti della confidenza e gli argomenti da evitare, per non urtare la sensibilità o non insistere con particolari scandalistici o dolorosi. Gli artisti sono persone e, se proprio si vuole toccare un filo scoperto, almeno lo si faccia in maniera intelligente e proficua.
Uno dei paragrafi più interessanti riguarda il trittico recensore – recensione – stroncatura, in un viaggio in cui, accanto a confronti di stili (con esempi come Reynolds, Bertoncelli, Andy Gill, Farabegoli, Lester Bangs, Ashley Khan, Laura Snapes ed Eddy Cilia), viene analizzata la recensione, l’arte della similitudine o “What if“(di cui Cilìa sarebbe maestro) o la lunghezza dell’elaborato. Di sicuro interesse è la cronistoria delle riviste musicali, a partire dagli ’80 fino ad oggi, con un focus particolare sulle fanzine e sui magazine cartacei pubblicati in Italia.
Due passaggi che sono esplicativi della missione del recensore
“Ma per chi scrive il recensore? Per i lettori, certo. Ma anche un po’ per se stesso, inevitabilmente: questo non è un problema, a patto che il suo testo non si trasformi in un esercizio di narcisismo, di erudizione fine a se stessa, oppure diventi un mezzo per ottenere consenso, magari sfoggiando un’originalità forzata e controcorrente, un’autocompiaciuta patina di presunta scomodità, di « ve lo dico io quello che gli altri non hanno il coraggio di dire». Avete sicuramente presente il tipo, è quello che dice che i Beatles sono un gruppo come cento nella British Invasion, che De Andrè sapeva solo riciclare i modelli francesi e così via. Ecco, il populismo e la polemica facile, nelle recensioni, meglio lasciarli fuori. Questo non significa che non si debba prendere posizione, in maniera anche decisa, ma appunto c’è una grossa differenza tra un giudizio molto severo ben argomentato e un buttare là una frase ad effetto“
e ancora:
“La stroncatura è un’arte molto più difficile di quello che si creda e fallisce del tutto quando si riduce ad uno sfogo di perfidia e morbosità“
Il libro ha una diffusa e rilevante componente biografica, con brevi episodi de privato dell’autore che arricchiscono la narrazione o rafforzano i concetti con esempi “di prima mano”. Tra questi spiccano alcuni dettagli della fase di post-produzione di Rumore, aneddoti sul ruolo di recensore oppure l’esperienza concertistica.
Qui un breve estratto consultabile in versione kindle.
In sostanza perché acquistarlo?
È un libro scorrevole e veloce da leggere. Un saggio monografico che mancava e che rappresenta un unicum per il tema affrontato. Perché è realmente utile e ha la capacità di fornire una prospettiva anche a chi ha decine di recensioni alle spalle, una propria forma mentis e un metodo che ritiene consolidato. L’addetto ai lavori, se provvisto di una buona dose di umiltà ed onestà intellettuale, capirà che si tratta di un’occasione per poter (ri)valutare il proprio metodo di scrittura e di analisi, osservandolo da una prospettiva diversa. Oppure tenderà a concordare con l’impostazione consigliata per delle somiglianze di impostazione e stile di scrittura. Questo è facile che accada perché l’autore ha esperienza e racconta in modo appassionato il proprio lavoro.
“Scrivere di musica” non è una lezione cattedratica, bensì assomiglia ad una chiacchierata davanti ad una birra dopo un concerto, da appassionato ad appassionato. Una sensazione che ci è mancata negli ultimi periodi ma che, per fortuna, stiamo riprendendo a respirare e vivere con piacere.
Bonus: la playlist curata dall’autore del libro e raccontata sul Blog della Minimum Fax.
Se volete seguire Rossano Lo Mele sul web:
Sito ufficiale dei Perturbazione
Per acquistare il libro direttamente dal sito della Minimum Fax: Link