Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con una delle band più interessanti del momento.

Il gruppo

Lo Studio Murena nasce nel 2018 inizialmente come trio, composto da Maurizio Gazzola al basso, Matteo Castiglioni alle tastiere e synth e Giovanni Ferrazzi al sampler. Studenti del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, è proprio nel contesto accademico che i tre sviluppano l’idea del primo beat-tape dal titolo “Crunchy Bites” (autoprodotto, 2008).  Il lavoro, contraddistinto da una forte attitudine sperimentale e ludica, si presenta come un caleidoscopio composto da tracce brevi e schizzate, in cui il jazz si fonde con ritmiche hip-hop ed elettronica. Siamo ancora lontani da quello che è il sound dello Studio Murena oggi, ma la volontà di sperimentare e dar sfogo alla creatività risulta già chiara in questo primo lavoro, dove sembra di sentire i Tortoise che flirtano con Aphex Twin.
Successivamente alla pubblicazione di “Crunchy Bites” vengono integrati in formazione prima Amedeo Nan alla chitarra elettrica, poi Marco Falcon alla batteria e infine Lorenzo Carminati, in arte Carma, rapper e voce della band. È proprio con i nuovi innesti che lo Studio trova la via maestra e una propria, definita, identità. 

La propensione alla sperimentazione e la ricerca di un equilibrio tra le diverse componenti stilistiche, trovano nella voce di Carma un potente veicolo di arricchimento e trasmissione. A sua volta Carma può godere di un ventaglio di soluzioni sonore tendente all’infinito, realizzato da un collettivo di musicisti in grado di districarsi abilmente tra strumentazione classica ed elettronica. Ragazzi che hanno studiato in conservatorio e che sono in grado di comporre musica cercando combinazioni armoniche e ritmiche con cognizione di causa. 

Le influenze e lo stile

Le influenze più evidenti arrivano dal nu-jazz e jazz rap d’oltreoceano. Sono loro stessi a citare BadBadNotGood, Derrick Hodge, J-Dilla, Kendrick Lamar, Robert Glasper, Mos Def, Kamasi Washington, Mad Lib, Isotope 217.
Non nascondono, inoltre, una connessione con la scena italiana: Calibro 35, Ghemon, Colle Der Fomento, Funk Shui Project.
Le influenze però restano tali, senza soffocare o banalizzare la proposta del collettivo, che pertanto si consolida in maniera assolutamente identitaria.
Due elementi in particolare differenziano lo stile dello Studio Murena da quello della scena americana che li ha ispirati:
1) un approccio più marcatamente rock, come impatto, nelle trame basso-batteria-chitarra;
2) la voce di Carma, protagonista al pari degli altri strumenti, che si esprime alternando metriche incendiarie e momenti di riflessivo “spoken word”. L’urlo della folla e la voce della coscienza. 
La ricetta è esplosiva e il gruppo non tarda nel farsi notare: arrivano in poco tempo i primi concerti, anche su palchi importanti come il JAZZMI.
L’incremento delle date live, insieme all’entusiasmo e alle manifestazioni di stima raccolte, accelerano il processo creativo. In breve tempo questa energia viene canalizzata nelle registrazioni in studio dei pezzi che andranno a comporre l’album omonimo.

Il disco omonimo

Nel corso del 2020 escono: Password, Arpa e tamburo, Marmo, Eclissi e Long John SIlver. Alcuni di questi in una forma diversa da quella che poi assumeranno sul disco omonimo, ma comunque troppo interessanti per non farsi notare da orecchie curiose. 


Studio Murena” esce ufficialmente il 9 febbraio 2021 per l’etichetta Costello’s, riscuotendo un buon successo di pubblico e critica. Il disco è aperto e chiuso da due brevi tracce (<< e >>, che oltre al chiaro formalismo letterario, sono forse un omaggio/tributo alle omonime tracce contenute nell’album “Who Stole The I Walkman” degli Isotope 217, influenza dichiarata dello Studio Murena) in cui il gruppo si auto-campiona, mentre il cuore dell’album è tutto suonato in presa diretta. Come una sorta di racconto che si apre e chiude, dove il prologo e l’epilogo hanno una forma diversa rispetto a ciò che racchiudono al loro interno.
Più che un esercizio di stile, è una dichiarazione d’intenti: una piccola percentuale di campionamento per affermare che, sì, anche quello fa parte del campionario compositivo, ma il nucleo è tutto suono registrato live.

Pezzi come Long John Silver o Arpa e tamburo sono bombe a mano che non possono non suscitare entusiasmo o sorpresa in chi ama certe sonorità. Ma è tutto il disco a convincere.
Carma è un acrobata verbale e snocciola testi fitti di rime e non, senza mai perdere un colpo, mentre i compagni offrono ognuno il proprio fondamentale contributo, come un puzzle ben definito.
La registrazione è ottima, i testi si prestano a molteplici interpretazioni. L’album è stratificato ma al tempo stesso immediato, si lascia ascoltare e riascoltare, lasciando scoprire ogni volta nuovi dettagli, come spesso capita con i dischi ben suonati. 

Tra gli altri pezzi si segnalano Vuoto Testamento, il cui testo contiene riferimenti al problema del cambiamento climatico (la madre che non guarda e che non parla, ma che bisogna ascoltare, è la Terra) e SETIPERDITUODANNO, forse – come da loro stessi ipotizzato – il primo brano in 5/4 della storia del rap italiano (ma anche non fosse il primo, non è sicuramente un tempo comune nelle composizioni rap nostrane).

Fa davvero piacere che band del genere arrivino a pubblicare dischi, fare tour su palchi importanti e attirare l’attenzione di pubblico e critica. Da parte nostra possiamo solo ringraziarli e sperare che l’avventura prosegua nel migliore dei modi (non vediamo l’ora di ascoltare materiale nuovo!).


Di seguito potete leggere quello che ci hanno raccontato riguardo ai progetti futuri e altre questioni che abbiamo voluto snocciolare con loro. 

© Alessandra Lanza 2021

Intervista allo Studio Murena

Avete da poco concluso il tour in cui avete girato praticamente tutta la penisola. Cosa vi portate dietro da questa esperienza? E per il futuro state già programmando nuove date?

È stata un’esperienza incredibile, soprattutto perché è stato il nostro primo tour come gruppo, basti pensare che prima di queste date non avevamo mai suonato ufficialmente al di fuori della Lombardia.
Oltre a tutto ciò, ci ha unito ancora di più; questo tour ci ha permesso di migliorare moltissimo la coesione musicale tra di noi e soprattutto ci ha fatto confrontare con un pubblico ampio a cui non eravamo abituati.
La cosa più bella è stata parlare col pubblico dopo i concerti e scoprire che alcuni di loro avevano fatto addirittura un centinaio di chilometri per venirci a sentire.

Quanto credete sarebbe stata differente la musica dello Studio Murena senza la vostra formazione accademica?

È giusto definire la nostra formazione accademica, ma non ci piace pensarla in senso classico. La maggior parte di noi ha studiato musica elettronica che, benché sia parte del Conservatorio, porta con sé un’impronta molto improvvisativa, meno legata a certi dogmi e più proiettata verso la sperimentazione. É quindi questo l’aspetto che fino ad ora ci sta aiutando di più, pensare fuori dagli standard e dare largo spazio a nuove idee, guardando non solo ai grandi del passato, ma anche alle interessanti scene in divenire in Italia e non.

Quanto è stato difficile, o facile, staccarsi dai canoni accademici per approdare in un territorio di libera sperimentazione funzionale alla definizione del vostro stile?

Come detto nella risposta precedente è stato proprio questo aspetto, indagato da subito tra le mura del Conservatorio, a darci i giusti strumenti per poter tirare fuori dalle nostre teste l’idea di musica che volevamo indagare rimanendo alla costante ricerca di nuovi lidi.

Siete riusciti a portare avanti la composizione di nuovo materiale nei periodi di fermo imposti dalla pandemia? 

Fortunatamente la tecnologia e le conoscenze più o meno diffuse tra noi in fatto di produzione e registrazione, ci hanno permesso di non fermarci, continuando a proporre nuove idee e sviluppando ognuno a casa propria.

I vostri album sono entrambi autoprodotti. Cosa ne pensate in generale del ruolo del produttore artistico? Pensate di continuare in autonomia o per il futuro pensate di coinvolgere un produttore?

Crediamo sia indispensabile per qualunque progetto ad un certo punto entrare in contatto con pareri esterni, non solo per la possibilità di correggere i propri errori, quanto per poter crescere e ampliare gli scenari possibili. È fondamentale che la persona con cui il gruppo si interfaccia sia in linea con l’idea di musica che si sta portando avanti, che sia capace di proporre nuove idee e di valorizzare quelle che già ci sono. Quindi sì, la figura del produttore artistico è qualcosa che abbiamo cercato a lungo e che sicuramente farà parte del nostro futuro. 

L’omonimo album “Studio Murena”

Partecipate in prima persona o comunque seguite attivamente la fase di mix e mastering dei vostri lavori? Quanto ritenete importanti gli aspetti legati al “come” suonano i vostri brani?

Assolutamente, avendo anche studiato musica elettronica e registrando e producendo noi stessi molta musica siamo fortemente appassionati di tutta la parte tecnica e ci teniamo a seguire il processo dall’inizio alla fine, naturalmente ci fidiamo al 100% dei professionisti con cui collaboriamo, come ad esempio Simone Tornaquindici che ha seguito tutto il processo di registrazione, mix e master del disco. 

Non sappiamo quanto siete dentro certi aspetti da “audiofili”, ma cosa ne pensate della cosiddetta “loudness war” o comunque della tendenza – ormai diffusissima – nel fare master “schiantati” per farli suonare forte su tutti i dispositivi (uccidendo così la dinamica)? Pensate che oggi sia un male necessario oppure un qualcosa da rifuggire a tutti i costi?

Purtroppo la “loudness war” crediamo sia una conseguenza del modo in cui fruiamo la musica, se andassimo a pubblicare dei brani con la gamma dinamica di un disco Deutsche Grammophon dei vecchi tempi, probabilmente dovremmo alzare il volume ogni volta che passa una macchina per strada. Ad ogni modo crediamo che sul nostro disco Simone abbia lavorato molto bene, andando a farlo suonare forte ma non uccidendo le dinamiche interne ai brani. 
Per quando riguarda la stampa in vinile invece, essendo legato a un modo completamente diverso di fruizione all’ascolto, abbiamo fatto un lavoro parallelo con un Master ad hoc, per questo crediamo che il modo migliore per ascoltare il disco sia quello di sentirselo da vinile (o altrimenti live!).

Domanda per Carma. Come hai iniziato ad interessarti al rap e qual è stato il tuo percorso? Se per gli altri è più facile immaginare il livello a cui sono arrivati grazie agli studi accademici, per te è diverso: come si arriva a poter snocciolare in maniera così sciolta in studio e dal vivo i testi che scrivi? Quanto allenamento e sacrificio ci sono dietro?

Mi sono avvicinato alla musica rap, durante i primi anni delle superiori, grazie ad un concerto al Leoncavallo di Artificial Kid e Kaos One, lì mi sono innamorato follemente del conscious rap underground. Tratta di tematiche che risuonano molto con quello che è il mio pensiero. Lì decisi di cimentarmi nel lavoro di scrittura. Per i primi anni è stato principalmente un modo per trascorrere il tempo con gli amici in piazza facendo freestyle e fumando canne. Successivamente dopo una prima esperienza live abbiamo iniziato a registrare alcuni brani usciti da queste improvvisazioni. Uno sviluppo ulteriore è avvenuto grazie al LUMe (Laboratorio Universitario Metropolitano) e grazie all’ascolto di alcuni dischi tra cui Yussef Kamaal e Alpha Mist. Così mi sono avvicinato ad un’idea più sperimentale di rap sia all’ascolto sia in stesura. È stato poi con Studio Murena che ho trovato il giusto spazio per poter sfogare questa spinta creativa. Spinta che non si è ancora fermata e anzi cresce di giorno in giorno grazie al legame che condividiamo.

Nei momenti che possiamo definire in spoken word, sia per come Carma li interpreta, sia per le sonorità, ci sono venuti in mente gruppi italiani di tutt’altro genere, ma che sono soliti usare tale registro espressivo: Marnero, Fuzz Orchestra, Massimo Volume. È un nostro bias viziato dagli ascolti o c’è una qualche effettiva influenza?

L’aspetto espressivo e dialogico dello spoken word è uno dei motivi principali della ricerca nella stesura dei nostri testi, secondo soltanto allo studio e sviluppo delle componenti ritmiche. Più che dall’Italia, i rami d’influenza sullo spoken word li riscontriamo in realtà come Francia e America (Kendrick Lamar e La Dispute).
Diciamo che inserire spazi di testi in prosa narrativo risponde all’esigenza di comunicare e dire qualcosa a tutti i costi, questa la mission del nostro Rap e della nostra musica. 

Cosa ne pensate del momento artistico della vostra città? Artisti come MACE, Venerus, Joan Thiele, per citarne alcuni, sembrano attraversare un buon momento. Vi sentite “altro” rispetto a certi nomi e certe scene oppure in qualche modo pensate di far parte di un mosaico complessivo? Secondo voi ci sono gli elementi per parlare di una “scena milanese”? 

Sicuramente stimiamo molto gli artisti che avete citato e apprezziamo la loro ricerca sonora, è bello che stiano man mano arrivando al grande pubblico portando qualcosa di nuovo nel panorama italiano. Ovviamente dal canto nostro vorremmo che questo cambiamento avvenga il più velocemente possibile e con una forza dirompente, sradicando alcuni preconcetti ormai stantii e permettendo magari a quella che è la scena underground/urban (non solo milanese ma di tutto il paese) di ottenere finalmente il respiro che merita.

Cosa state ascoltando ultimamente? C’è qualche nuova uscita o riscoperta del passato che vi ha particolarmente colpiti?

Ultimamente ci sono state uscite veramente scoppiettanti in Italia e non. Come prima dobbiamo citare “Sometimes I Might Be Introvert” di Little Simz che ha portato una ventata di freschezza nelle nostre cuffiette. Più recentemente è uscito l’ultimo disco in studio dei BBNG di cui siamo grandi fans, che riteniamo abbiano bisogno di un ascolto più approfondito per quelli di noi molto legati al loro primo sound che stanno man mano digerendo il loro cambio di rotta. In Italia sicuramente una delle ultime uscite più interessanti su larga scala è l’ultimo di Salmo. Anche grazie alle super collaborazioni e al suo flow davvero niente male ha cucinato l’ennesima bomba.

Uno dei brani dell’anno anche secondo la redazione di EP

Sul vostro canale YouTube e su quello della vostra etichetta si trovano i video di alcuni brani e anche alcune registrazioni live. Tutto il materiale mostra una cura particolare dal punto di vista del montaggio video e del mix audio (nel caso dei live). Ad esempio la session “20097” è uno spettacolo, suona benissimo e il video ha un montaggio perfetto. A nostro avviso questo è un eccellente esempio di contenuto di qualità che gli artisti possono offrire ai fan via internet, non i video col cellulare registrati nel bagno. Com’è in generale il vostro rapporto con internet e con i social? 

Grazie mille, siamo contenti che pensiate che siano contenuti di qualità perché abbiamo lavorato ad essi molto da vicino. La session “20097” è stata registrata insieme a Simone Tornaquindici e poi mixata da noi, mentre la parte video è stata prodotta dalla nostra amica Alice Bulloni che è veramente forte “behind the camera”. 
Il nostro rapporto con internet è assolutamente buono, pur non essendo dei malati di social siamo perfettamente consci del fatto che sono uno degli strumenti chiave per la comunicazione con i nostri ascoltatori e ci fa sempre molto piacere poter parlare con chi ci scrive oppure produrre e pubblicare contenuti ad-hoc per chi ama il nostro sound!

Sono notevoli anche le t-shirt realizzate con Familia Povera. Come è nata la collaborazione? Continuerà in futuro?

Veramente! Il loro lavoro è fortissimo! 
La collaborazione è nata un po’ per caso, poichè stavamo lavorando con i ragazzi di Legno alle grafiche delle magliette per il tour estivo e Jacopo Lietti (grafico di Legno e fondatore di Familia Povera) ci ha proposto due render, ne abbiamo scelto uno (quello delle maglie bianche) ed era rimasto fuori il concept dei cani, da lì è nata l’idea di produrre quella maglia per FP in edizione limitatissima solo su pre-order. Dato che la maglietta è piaciuta moltissimo e al banchetto merch veniva chiesta continuamente abbiamo scelto di ri-stamparla in due edizioni, una azzurra e una nera (ora sold out). Il design ha veramente spaccato!

E per quanto riguarda le collaborazioni con altri artisti? Per quanto in alcuni generi siano una consuetudine (vedi l’hip hop), a volte ci sembrano più un modo per guadagnare visibilità reciproca che non un reale interesse nel voler trovare un’alchimia artistica. Qual è il vostro pensiero a tal proposito?

Le collaborazioni sono per noi un aspetto fondamentale della condivisione e dell’espansione del sound di un artista. Non è assolutamente un male cercare collaborazione per ottenere maggior visibilità o per ampliare la propria fan base, ma a noi risulta imprescindibile la stima reciproca e l’intesa interpersonale.
Così facendo siamo convinti che si possa creare un background di base che possa dar vita ad un’autentica e vera scena musicale caratterizzata da condivisione e partecipazione, in mancanza di questo avremmo solamente delle polarità isolate senza arte che collaborano tra loro alla mera insegna del profitto.

Qual è un artista italiano con cui vi piacerebbe collaborare?

Dall’uscita di SM abbiamo avuto il piacere e la fortuna di incontrare artisti che avevano già riempito i nostri scaffali e le nostre librerie di dischi, è stata un’emozione poter fare un aperitivo con Ghemon, condividere il palco con i Calibro 35 sull’isola di Ortigia, beccare Bassi Maestro e Goedi al Ghe Pensi Mi. 
In questi mesi abbiamo avuto la possibilità di fare musica con alcuni artisti super e Dardust, Davide Shorty, Mezzosangue ed Enrico Gabrielli in studi storici come le Officine Meccaniche e Testone Studio e speriamo che questo si riveli essere il modus operandi di Studio Murena di qui in avanti.
Non ultimo vogliamo sottolineare quanto di importante si possa trarre dai sentimenti di stima reciproca con gli addetti ai lavori: è anche grazie al sig. Tommaso Colliva se ci stiamo imbattendo in personaggi e studi così importanti.

Ormai è sempre più alto il numero di artisti che si occupano di tutti gli aspetti che un tempo spettavano alle case discografiche. Per molti esperti del settore (vedi ad esempio l’opinione di David Byrne in “Come funziona la musica”) queste – nella loro impostazione classica – sono diventate addirittura anacronistiche, sostanzialmente perché si vendono sempre meno copie fisiche dei dischi. Quali ritenete siano i punti di forza della Costello’s che rendono preziosa tale collaborazione?

Da quella che è la nostra esperienza, le copie fisiche sono comunque un ottimo articolo di merchandising, da febbraio ad oggi abbiamo continuato a vendere i nostri vinili sia dal banchetto dei concerti, sia dalle piattaforme online, arrivando in meno di un mese al sold out della prima stampa e trovandoci felicemente costretti a dover ristampare il vinile per la partenza del tour.
Simone Castello di Costello’s è una figura centrale nel team Studio Murena: oltre ad essere il nostro manager, è anche stato il primo a investire il suo tempo e a credere fortemente in noi.
Il percorso che stiamo facendo sta diventando un’occasione di crescita per tutti quanti e un motivo d’orgoglio vedendo da dove siamo partiti.
Oltre alla Costello’s fam è doveroso ringraziare Giorgio Riccitelli e tutta Radar Concerti che si sta occupando del booking e che ha reso possibile un tour di un gruppo emergente in un 2021 del tutto straordinario.

Grazie ragazzi, è stato davvero un piacere!

Un bella e un abbraccio gigante a tutta la redazione di Extended Play, grazie per il supporto e lo spazio che ci avete dedicato, è un piacere! Blesssssya!




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